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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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63. Se n’è ito

 

Hai sentito eh? ppovero Titta er greve,1


povera nun zia l’anima! ha spallato.2
Ma! un giuvenotto da potesse bbeve
drento in un bicchier d’acqua,3 eh? cche peccato!

 

Inzinenta dar giorno de la neve
se portava un catarro marcurato4
e Ssan Giacinto5 te l’annò a rriceve
in d’un fonno de letto ggià appestato!

 

Da ’na gnagnera6 a un’antra, stammatina
in zanitate rospite,7 bz!,8 è mmorto
pien de decùpis9 dereto a la schina.10

 

A quiniscióra11 fanno lo straporto12
der corpo in forma-papera:13 e ggià Nnina
se fa vvéde a bbraccetto14 co lo storto.

 

Terni, 28 settembre 1830 - De Pepper tosto

 

 




1 Greve: che affetta imponenza.

2 È morto.

3 Chi ha molta salute e floridezza, è indicato dal volgo con questa espressione.

4 Malcurato.

5 Nome di una corsia dell’Ospedale di S. Spirito, dove sono ricevuti i tisici.

6 Febbricciattola.

7 Insalutato hospite, cioè: «all’improvviso».

8 Suono del bacio, per indicare cosa fatta.

9 Decubiti. Le piaghe prodotte dal decubito sono anche esse qui dette decubiti.

10 Schiena.

11 Quindici ore.

12 Trasporto.

13 In forma pauperum.

14 Sotto al braccio, ecc.

 

 






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