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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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131. Lo scarpinello vojjoso de

 

Starebbe ccqui dde casa una largazza,1


che jje dicheno Ciscia Scola-nerbi?
Ebbè, io lo scarpinel de piazza,
mastro Grespino de-li-culi-ascerbi,2

 

che jj’ho da mette un paro de spunterbi3
a ’na su’ sciavattella4 pavonazza;
e doppo je dirò cquattro proverbi,
s’in ner lavore mio nun me strapazza.

 

Presempio: Omo incazzito5 è un merlo ar vischio.
La donna è un cacciator de schiopperete6
che vva a ccaccia cojjoni senza fischio.

 

Pelo de sorca, gola de crastato,7
ugna de gatto,8 e cchirica de prete,
quanno pisceno a letto, hanno sudato.9

 

Fuligno, 29 settembre 1831 - Der medemo

 

 




1 Storpiamento maligno di ragazza.

2 Era in roma un sodomista (abate), così detto dal piacergli le primizie.

3 Rattoppamenti di pelle alle scarpe usate: qui è anfibologia.

4 Ciabattella, ecc.

5 Infoiato, preso da una donna.

6 Schioppa e rete son riunite onde produrre una parola ingiuriosa.

7 Castrato: musico.

8 Ladro.

9 Hanno sempre la scusa del fatto.

 

 






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