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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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214. Er mariggnano1

 

Ah Scariotto che pporti pe strapazzo
la bbanniera2 de Cristo ar cudicuggno,3
c’hai de pietra4 er coggnome com’er gruggno,
botte de furberia sscerta5 in ner mazzo;

 

aringrazzia er tu’ Ddio, faccia de cazzo,
aricacchio6 d’un fijjo de bburzugno,7
si ccor zugo de fior de tuttopuggno
nun t’hanno tinto er muso pavonazzo.

 

Strappete da le spalle quella vesta,
levete da la gola er collarino,
e rrapete la chirica8 da testa:

 

perché la riverea d’un assassino
deggno de scelebbrà llurtima festa,
è una coppola, un zacco e uno strozzino.

 

Nu la pijjà cco Nnino:9
ma, ssi10 me vôi conossce, viè a bbottega,
e llí cce troverai chi sse ne frega.

 

Roma, 20 ottobre 1831

 

 




1 Melanzana, per «prelato».

2 Mantelletto da prete.

3 Cudicugno: vestito.

4 Monsignor Di Pietro.

5 Scelta.

6 Germoglio.

7 Zotico, villano.

8 Ràditi la chierica.

9 Giovannino. Questo sonetto fu scritto e mandato a Giovanni Giraud dopo la pubblicazione che fece egli di uno scritto contro Monsignor Di Pietro, per un tradimento da lui ricevuto in un affare di appalto di neve.

10 Se.

 

 






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