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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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215. Er servitor-de-piazza ciovile1

 

Lei sappi, si vvò véderle, che cquelle
indove el vostro Cane-colso2 abbaglia,3
tutte cuperte di stole de paglia,
suono4 le stufe delle Capandelle.5

 

Eh! sti Abbagni da noi vanno a le stelle!
Gente o di garbo, o nnobbile, o bbirbaglia,
bardassaria,6 omminità, o vecchiaglia,
vonno tutti mettérce la sua pelle.

 

Chi ha ccallo..., dico caldo, di staggione,
o un caldo a un piede, o acqualche occhiopullino,
capa o la capandella o el Capandone.

 

La meno folla spendano un carlino
per quelle chiuse: ma le ppiú pperzone
a lo sbaraglio impiegheno un lustrino.7

 

Roma, 20 ottobre 1831 - De Pepper tosto

 

ANALOGIE

                                 SE NON SI DICE                              

NON SI PUÒ DIRE

 

prendérle, ma: prènderle

vedérle, ma: véderle

porzo, ma: polso

còrso, ma: còlso

raja, ma: raglia

abbaja, ma: abbaglia

véderci, ma: vedérci

métterci, ma: mettérci

 

 




1 Civile.

2 Còrso.

3 Abbaia.

4 Sono.

5 Capannelle: bagni nel Tevere.

6 Ragazzaglia.

7 Moneta d’argento da cinque baiocchi: un grosso.

 

 






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