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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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229. Er tosto

 

Chi? llui? Gèsus maria! Quello è un cojjone
scappato da le man der crapettaro,
e tte pôi figurà cquant’è ccacone1
che ttiè inzino a mmesata er braghieraro.

 

Ce rescita da marro e da spaccone;
fa lo spazzacampagna e ’r pallonaro:2
eppoi curre a ssarvasse3 in d’un portone
come sente un ròggito4 a un zomaro.

 

Senti questa ch’è fresca d’oggi a otto.
Giucamio5 a mmora all’osteria de Marta:
quanno dereto a llui se sente un botto!

 

E sto bbravaccio che mmazzola e squarta,
curze ar bancone e cce se messe sotto.
Sai ch’era stato? Un schioppettin de carta.6

 

Roma, 24 ottobre 1831 - D’er medemo

 

 




1 Pauroso.

2 Tutti vocaboli esprimenti affettazione di coraggio.

3 Salvarsi.

4 Ruggito, invece di «ragghio».

5 Giuocavamo.

6 Trastullo fanciullesco, fatto con carta in modo ripiegata che ad una agitazione di braccio, uscendone una parte per l’aria che vi si interna, si tende con violenza e produce un fragore.

 

 






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