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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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247. Er Profeta de le gabbole1

 

Voi sce gonfiate2 da ’na man de3 sere
sor uscellaccio de le male nove4
che in tutto quanto er Carnovale piove:
pôzzi crepà lo stroligo5 in braghiere!6

 

C’abbitassivo7 ar vicolo der bove8
co vostra mojje a rregge er cannejjere9
lo sapevo, ma nnò stantro10 mestiere
de rubbà llocchialino a Bbarbaggiove.11

 

Io ve lassai cuggnato12 de li preti,
e vvaritrovo tutt’in un botto13
diventato Spacoccio de Rieti.14

 

Dunque, sor Casamia, (vd. n. 14) sor Omo dotto,
sor Barbanera, (vd. n. 14) a nnoi, tra sti segreti
s’ariccapezza sto ternuccio all’Otto?14a

 

Roma, 20 novembre 1831Der medemo

 

 




1 Cabale.

2 Ci annoiate.

3 Da una mano di, ecc.: da cinque.

4 Uccello di cattivo augurio.

5 Possa crepar l’astrologo. Così rispondesi a chi predice sventure.

6 Il brachiere è a Roma tenuto per un famoso barometro.

7 Che abitaste, ecc.

8 Cioè: «che foste cornuto».

9 Candeliere.

10 Quest’altro.

11 Di antivedere il futuro.

12 Cognato. Dicesi in Roma cognato a chi partecipa con altri d’una medesima donna.

13 D’improvviso.

14 Tre famosi facitori e titoli di lunari.

14a Al lotto.

 

 






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