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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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294. La bbotta de fianco1

 

E cchi vv’ha ddetto mai, sora piccosa,
che in ne la zucca nun ciavete sale?
Io nun ho detto mai sta simir-cosa,
ché discennola a vvoi, direbbe2 male.

 

Anzi, le bburle a pparte, sora Rosa:
esse tistimonio er zor Pascuale
si jjerzera vôtanno l’orinale
nun disse3 che vvoi sete appititosa.

 

E cciaggiontai,4 guardate si cce cojjo,5
c’ortrar zale c’avete in ner griterio6
tienete er pepe drento a cquellimbrojjo.

 

Scappò7 allora ridenno er sor Zaverio:
«Co ssale e ppepe e cquattro gocce d’ojjo
poderissimo8 facce9 er cazzimperio».10

 

 10 novembre 1831 - Der medemo

 

 




1 Il frizzo.

2 Direi.

3 Dissi.

4 Ci aggiuntai (aggiunsi).

5 Ci colgo.

6 Criterio.

7 Scappare, in romanesco, vale anche: «uscir dicendo».

8 Potremmo.

9 Farci.

10 Nome volgare della salsa, composta cogli anzidetti ingredienti.

 

 






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