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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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322. Er giornajjere1 de Campovaccino

 

La sera a ttordinone fo er zordato
ar ballo de commedia er zicchezzacche,
che ddoppo una bburrasca viè Ppilato
co li soni c’a ffatto Pijjavacche.(1)

 

Er zoffione2 che ssoffia sta agguattato2a
a drent’un zoffietto immezz’a ttante pracche:2b
e cc’è un lampanarone intigamato
tra ccerti vetri a uso de patacche.3

 

Poi c’è un omo4 che zzompa co ddudonne
ner cortile der Re ttutto guarnito
de colonnati a ffuria de colonne,5

 

e ddicheno che stomo è un manfrodito.6
Poi c’è un incennio a ffoco c’arisponne
a ffiume.7 E sse va vvia doppo finito.

 

9 gennaio 1832 - Der medemo

 

 




1 In mancanza di milizie, negate dal Governo nel carnovale 1832, furono stipendiati seralmente tanti scavatori del Foro Romano e vestiti da soldati di comparsa nell’opera il Zadig, musica del maestro Vaccai, e nel ballo il Pirata, composto dal maestro Piglia.

2 Suggeritore.

2a Nascosto.

2b Placche, per «lumi della bocca d’opera».

3 Nuovo lampadaio, costrutto a guisa di una gran tazza, formata colla unione di tanti piccoli quadri di cristallo a faccette. I lumi sono dentro e ne trasparisce lo splendore.

4 Il primo ballerino M. Priora, che balla un terzetto colle due prime ballerine SS

5 In un atrio.

6 Il detto ballerino ha il malvezzo di mostrare il petto nudo alla foggia di una donna.

7 Incendio e caduta di una fabbrica creduta un ponte, con che termina il ballo.

 

 






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