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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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370. Ruzza co li fanti, e llassa stà li Santi

 

Chi tte lo nega? Ha un tantinèr dell’orzo,1


biastima un goccio,2 è un llesto de mano,3
penne per gioco,4 ha la passion der zorzo,5
e jje cricca er mestier der paesano.6

 

De rimanente poi è bbon cristiano,
sta scritto a la Madonna der Zoccorzo,7
donne nun po vvedelle da lontano,
e è ddivoto de San Carlar Corzo.8

 

Chi ppe cconosce l’ommini, commare,
praffe,9 s’afferma a la prim’ostaria,
pijja un cazzo pe un fischio,10 e nnun je pare.

 

Tant’antri bbaron becchi11 bbu-e-via
iti a tterminà sur un artare!...
Abbasta, nun entramo in Zagrestia!12

 

23 gennaio 1832 - Der medemo

 

 




1 Alquanto dell’orso.

2 Bestemmia un poco.

3 Ladro.

4 Inclina al giuoco.

5 Sorso: il bere.

6 Spia.

7 Sodalizio in Roma.

8 Lo stesso che gli altri Sancarli venerati in Roma in più chiese.

9 Suono esprimente l’arrestarsi d’una cosa caduta.

10 Proverbio.

11 Con la e larga.

12 Modo proverbiale, corrispondente al titolo di questo sonetto.

 

 






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