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389. Le porcherie1
Er
tempo manna o ffurmini o ssaette
siconno er genio suo come je cricca.
Cueste sò pe nnoi ggente poverette:
quelli sortanto pe la ggente ricca.
Cuelli
sò llavorati a ccolonnette,
però er furmine roppe e nnun ze ficca.
L’antre sò ppietre poi2 segate a ffette
e arrotate all’usanza d’una picca.
Me
l’ha spiegato a mmé lo scarpellino
che ffa l’artare a Ssan Zimon Profeta3
che ssa ste cose com’er pane e ’r vino.
Tu
mmette bbocca4 cuanno er gallo feta
e la gallina piscia, ché er boccino5
lo tienghi uperto come una segreta.
30 gennaio 1832 - De Pepp’er tosto
1
I Romaneschi che hanno sempre per la bocca i fulmini e le saette in via
d’imprecazione, sentono poi certa ripugnanza superstiziosa al far menzione di
questi fenomeni, quasi temessero di chiamarsene addosso: e vi sostituiscono la
parola porcheria. Dovendone poi dire il nome, non mancano di mandargli
appresso una formola preservativa, come: Dio salvi ognuno; Salvo dove me
tocco, ecc. La distinzione qui data della natura e della forma de’ fulmini
e delle saette è di vera credenza popolare.
2 Al
contrario.
3 Chiesetta di Roma.
4 Tu
di’ il tuo parere, interloquisci.
5 Testa, per lo
più nel risguardo morale.
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