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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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10. Peppe er pollarolo ar sor Dimenico Cianca

 

Piano, sor è, come sarebbe a dine
sta chiacchierata d’er Castèr dell’Ova?
Sarebbe gniente mai pe ffàna prova
s’avemo vojja de crompà galline?

 

! è propio tempo mo, cuesto che cquine,
d’annasse a ciafrujjà marcanzia nova!
Manco a buttà la vecchia nun se trova!
Ma chi commanna n’ha da vede er fine.

 

Duncue, sor coso, fateve capace
che a Roma pe sto giro nun è loco
da boni negozzi; e annate in pace.

 

E si in quer libbro che v’ha scritto er Coco
lui ce ddí cquer che je pare e ppiace,
io dico a voi che ciaccennete er foco.

 

28 gennaio 1829 - G.G.B.

 

Pel dono fattomi dal mio amico Francesco Sig. Biagini, del paragrafo sulla Capitolazione conchiusa a Napoli, uscendo giugno 1799 fra i Francesi, Inglesi, Napoletani, Turchi, etc. etc.; nella quale furono dai repubblicani evacuati i due Castelli Nuovo e dell’Uovo; estratto dall’opera intitolata: Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli, di Cuoco.

Questo sonetto, per poter entrare nella collezione, dovrebbe portare abbasso la seguente nota, invece del titolo esplicativo che qui vi si trova in testa:- Un tale disse in via di scherzo a un gallinaio: Avete mai letto il libro del Cuoco, sul castello dell’Uovo di Napoli? Il gallinaio rispose presso a poco quel che si dice nel sonetto.

 

 




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