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459. Le scôle
Sai
cuant’è mmejjo a llavorà llumini1
e
a ffrabbicà le cannéle de segó,2
o annà a le quarant’ore3 a ffà cquadrini
co le diasille e ccor devoto prego;
che
de mette li fijji a li latini
e a bbiastimà ccor paternostro grego,
tra cquella frega4 de Scisceroncini5
indove in cammio d’io c’è scritto Diego?6
Causa
de sti vorponi ggesuiti
che sfotteno e ss’inzogneno la notte
come potecce fà ttutti aruditi.
Pe
li mi’ fijji a sti fratacci fessi
è ddègheta,7 e sse vadino a ffà fotte
loro e cquer Papa che cce l’ha arimessi.
Roma, 18 novembre 1832 - Der medemo
1 Lumini per la
notte.
2 Candele di sevo.
3 La
periodica esposizione della eucaristia per le chiese di Roma per tutto il corso
dell’anno; chiamata dalle Quarant’ore. I ciechi sogliono assidersi in
due ale fuori dalle porte del tempio, invitando i fedeli a soccorrerli, in
contracambio di diesille e di devoti preghi, che offrono loro per
suffragio delle anime del purgatorio.
4 Moltitudine.
5 Ciceroncino è chiamato per le scuole il libro
delle selectae di M. Tullio.
6 Un chierico,
interrogato dal sagristano come si svolgesse in latino il pronome io,
rispose ius, ii. – Sagris: Di’ ego. – Chierico: Ah! è vero: Diego,
Diegonis.
7 È nulla, è pensiero fallito, ecc.
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