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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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466. Una Nova nova

 

Trapassanno cor bùzzico1 dell’ojjo
pe annà da la Petacchia a Ttor-de-specchi,2
te vedo una combriccola de vecchi
a le Tre-ppile,3 appiede ar Campidojjo.

 

Staveno attenti a ssentí llegge un fojjo
co ccertocchi ppiú ggrossi de vertecchi,4
e in faccia a ttutti mascilenti e ssecchi,
je se scropiva5 er zegno der cordojjo.

 

Uno trallantri a l’improviso strilla,
dannose in zu la fronte una manata:
«Ah ppovera Duchessa de Bberilla!6

 

A ccosa t’è sservito, sciorcinata,7
de sapé sscivolà8 com’un’inguilla?
Sti nimmichi de Ddio t’hanno fregata».9

 

Roma, 20 novembre 1832 - Der medemo

 




1 Vaso di latta con sottilissimo e lungo rostro, da riporvi olio per uso giornaliero.

2 Due contrade di Roma, laterali al Campidoglio.

3 Piccolo spazio che prende nome da una colonna su cui sorgono le tre pignatte, stemma di un Pignatelli, papa.

4 Vedi la nota 2 del Sonettointit° Monziggnor Tesoriere, ove si la spiegazione di questo vocabolo.

5 Scopriva.

6 Di Berry.

7 Disgraziata (ciorcinata con la prima c strisciante).

8 Sdrucciolar via.

9 Te l’han fatta: t’hanno oppressa, presa ecc.

 

 






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