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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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582. Er cimiterio de la Morte1

Sonetti 2

 

Come tornai da la Madon-dell’-Orto2
co cquer pizzicarolo de la scesta,3
agnede4 poi cor mannataro5 storto
ar Cimiterio suo che cc’è la festa.6

 

Ner guardà cqueli schertri7 io me accorto
d’una gran cosa, e sta gran cosa è cquesta:
che llomo vivo come llomo morto
ha una testa de morto8 in de la testa.

 

E ho scuperto accusí cche o bbelli, o bbrutti,
o ppréncipi, o vvassalli, o mmonziggnori,
sta testa che ddich’io sce ll’hanno tutti.

 

Duncue, ar monno, e li bboni e li cattivi,
li matti, li somari e li dottori
stati morti prima d’èsse vivi.

 

Roma, 10 dicembre 1832 - Der medemo

 




1 Cemetero della Confraternita della Morte, di cui vedi il sonetto seguente.

2 Chiesa di giurisdizione de’ pizzicagnoli in Roma. In essa è un monumento sepolcrale, in cui vedesi un genio spegne una face, col motto: Bona notte, mastro Jacomo.

3 Cesta.

4 Andai.

5 Intorno ai mandatari vedi il sonetto

6 La celebrazione dell’ottavario de’ defunti.

7 Scheletri.

8 I teschi non sono chiamati dal volgo che colla perifrasi di teste-di-morto.

 

 






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