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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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657. La maggnona

 

Dichi1 è rregazza, tiè le carne toste,
ha da empisse le zinne pe la pupa!
Ma llei se maggnería puro le groste
de san Lazzero:2 ha er male de la lupa.3

 

Doppo pranzo sortanto a callaroste
lei se ne spiccia4 una padella5 cupa!
T’assicuro, Cristofeno, che lloste
co la posta de noi propio sce ssciupa.6

 

Perch’è ppassato er tempo der panbianco:7
nun zemo ppiune a cqueletà ffutura8
che nnun mettevi mai la mano ar fianco,9

 

cuanno l’osti, tenenno la scrittura
scritta cor gesso, ar ripulí dder banco
mannàveno li conti in raschiatura.

 

Roma, 24 dicembre 1832 - Der medemo

 




1 Dici.

2 Dicesi di chi mangia molto.

3 Avere il male della lupa, vale: «divorare, anziché mangiare». È opinione volgare che il lupo non abbia che un solo intestino retto dallo stomaco all’ano.

4 Se ne mangia.

5 Attrezzo in cui cuocionsi le castagne arrosto.

6 Ci sguazza, ci fa gran guadagno.

7 Espressione che significa così «tempo di agio», come «tempo degli uomini semplici».

8 Una delle frasi di pretensione di bel dire.

9 In tasca.

 

 






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