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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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787. De la chiavetta1

 

Pijjatela per oro sta schifenza,
ma pper oro de bbollo2 veh, oro fino,
oro passato ggiú pper Pellegrino,3
oro colato4 cor cocciòlo5 e ssenza.

 

Ma ssicuro, è una donna de cusscenza
che nnun diría6 de mmanco ar rabbino;
e ttuttassieme poi mezzo lustrino7
è cquello che ppò ffà la pinitenza.8

 

L’arte ggnisuno la sa ppiú de lei,
che ggià ssapeva lla puggnettara
pe li portoni de scinquanni o ssei.

 

E dde dodisci a ppiazza Montanara,9
tra ccattolichi, e tturchi, e mmanichei,10
sce11 curreva inzinenta la pianara.12

 

Roma, 19 gennaio 1833

 




1 Essere «della chiavetta» significa aver qualità di raro e prezioso, da tenersi in nascosto ripostiglio.

2 Abbiamo detto altrove che il «bollo» e il «bollare» equivalgono a lasciare in altrui i segni della propria fraude o avarizia.

3 «Oro passato pel pellegrino», cioè «oro falso». Il Pellegrino è la contrada degli orafi.

4 «Oro colato»: cosa purissima.

5 Crogiuolo.

6 Direbbe.

7 Mezzo grosso di argento: un quarto di paolo.

8 «Far la penitenza»: qui significa «pagare» o «costare».

9 Piazza di adunanza de’ lavoratori della terra presso all’antico teatro di Marcello.

10 Tre nomi allusivi a tre maniere di carnalità.

11 Ci.

12 La piena delle acque piovane per mezzo alle strade.

 

 






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