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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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807. Un’erliquiona1

 

A Ssan Francesc’a Rripa2 una matina
me disse un frate amico mio che lloro
fra llantre erliquie tiengheno un tesoro:
e ssapete ch’edè? ’na mmannolina.3

 

Ha ingrossato le chiappe Caterina!4
E sto frutto che vvale a ppeso d’oro
lo corze5 Adamo un giorno de lavoro,
e lo sarvò6 ppe nnoi drent’in cantina.

 

Duncue sta mmannolina, a cchi cce vede,
è ppiú antica ch’er vino e llimbriaconi,
è ppiú vvecchia der Papa e dde la fede.

 

Ma ccome l’hanno avuta sti torzoni?
Ner diluvio de ddio bbisoggna crede7
la tienesse Novè ttra li cojjoni.8

 

Roma, 21 gennaio 1833

 




1 Una gran reliquia.

2 Chiesa e convento di frati zoccolanti.

3 Mandorlina.

4 Precise parole che vanno gridando i venditori di mandorle in erba, così dette mandorline, «Caterina» dal popolaccio.

5 Colse.

6 Salvò.

7 Credere.

8 Altre mandorle, delle quali vedi il Sonetto

 

 






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