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850. Er tempo bbono
Ah,1
nnun è ggnente: è un nuvolo che ppassa.
Eppoi nun zenti che nnun scotta er zole?2
Eppoi, come a mmé er callo nun me dole
nun piove scerto. Ah, è una ggiornata grassa.
Mentre
portavo a ccasa le bbrasciole,3
c’era una nebbia in celo bbassa bbassa...
Lo sai, la nebbia come trova lassa:4
nun pole5 piove, via, propio nun pole.
Lo
capimo da noi, sora ggialloffia,6
che cquanno è ttempo rosso a la calata,
ne la matina appresso o ppiove o ssoffia.
Io
nun vedde però nne la serata
le stelle fitte: duncue, ar piú, bbazzoffia7
pol’èsse oggi, ma nnò bbrutta ggiornata.
Roma, 2 febbraio 1833
1 Questa è una
interiezione, dinotante nel caso presente che la opinione di chi parla è
diversa da quella di chi ascolta, intorno al soggetto in quistione. Per
pronunciarla a dovere, devesi mandare un suono dubbio, accompagnato da un
leggero crollamento di capo e da una smorfia di labbra.
2 Le
stelle dense, il sole che scotta, sono pel volgo forieri di pioggia. L’indizio
delle stelle è dei due il più stupendo.
3 Bragiuole.
4 Lascia.
5 Pole, talora
puole, sono termini ricercati, che chi si picca di ben parlare adopera
invece di può: e questo per analogia di vuole.
6
Donna giallastra.
7 Il bazzoffio è una specie
di quid-medium.
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