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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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953. L’addio

 

Oh, ddunque, a rivedendosce,1 sor Nino:
un zaluto a la sora Ggiosuarda.
Nun bevo, grazzie; ’ggna2 c’arzi la farda...3
Cojjoni! è mmezzoggiorno: antro4 che vvino!

 

Ciò stammatina un frate galoppino5
che cquanno che mmappoggia la libbarda,6
ppranzà ar tocco in punto; e ssi sse7 tarda
un ette, va in decrivio oggni tantino.

 

Cosa volete! è confessor de Rosa,
e nn’ha in corpo una bbona fattarella.8
Cacciallo! Parería9 ’na scerta cosa!...

 

Lui viè a rrifuscilasse10 le bbudella
ggni11 dimenica: e ddoppo, io co la sposa12
l’ariporto ar convento in carrettella.

 

Roma, 12 maggio 1833

 




1 A rivederci.

2 Bisogna.

3 Alzar la falda o le falde: andarsene.

4 Altro.

5 Mangiatore a spese d’altri, una specie del musca degli antichi Romani.

6 Appoggiare l’alabarda: presentarsi all’altrui mensa.

7 Se si.

8 Quantità.

9 Parrebbe.

10 Rifocillarsi.

11 Ogni.

12 Pronunziata colla o chiusa.

 

 






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