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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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954. La strillata1 de mamma

 

Cesere, ssceggni2 ggiú dda la funtana.
Dio mio, che rrobba! cuanto sei cattivo!
Capo-dabbisso, alò, bbestiaccia cana!
Eh in cuer corpo che cciài!3 l’argento vivo?!

 

Sscivola,4 , ffijjol d’una puttana:
svícola,(4) no, cch’io tanto nun t’arrivo!
Bbasta, sciariparlamo5 a sta bbefana:
lo vederai che llettera je scrivo.6

 

Ma indove se ddà, ccresta mancina,
un vivolaccio, una facciaccia pronta
compaggn’a tté? Vvavvia, presto, cammina.

 

Ohé, tte vedo, sai? mica ttonta...7
E mmo cosa te freghi8 a la vittina?9
Guàrdelo llí ssi ccome se panonta!10

 

Roma, 12 maggio 1833

 




1 Sgridata.

2 Scendi.

3 Ci hai.

4 Scivolare, svicolare, valgono: «sottrarsi».

5 Ci riparliamo.

6 Vi è un commercio epistolare colle befane alle quali è generosamente abbandonato dai genitori ogni merito circa alla gratitudine e alla obbedienza de’ figli.

7 Stupida.

8 T’imbrogli.

9 Vettina: gran vaso da olio.

10 Panontarsi: panuntarsi (da panunto): imbrattarsi in qualsiasi modo.

 

 






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