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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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973. La prima cummuggnone1

 

Terminata che ffu llurtima scena,2
Cristo diede de piccio3 a una paggnotta,
la conzagrò, la róppe,4 e, appena rotta,
cummunicò un e llantro5 a ppanza piena.6

 

E ss’ha da cche ppropio stassi7 in vena,
pe ddà la su’ fettina a cquer marmotta
de Ggiuda (vojjo Ggiuda Scariotta),
che annò a ffa cquer tantin de cannofiena.8

 

Poi lui puro,9 viscino a la passione,
pe mmorí cco li santi sagramenti,
se maggnò da sestesso in cummuggnone.

 

S’intenne10 ggià cco ttutti l’ingredienti;
ciovè11 ddoppo una bbona confessione,
pe rregola dell’antri12 pinitenti.

 

Terni, 27 maggio 1833

 




1 Comunione.

2 Cena.

3 Diede di piglio.

4 Colla o chiusa: «ruppe».

5 Uno e l’altro, tutti.

6 Come sono cambiati i costumi! Andate ora dopo mangiato a prendere l’Eucaristia! Vi beete la condanna del qui manducat et bibit indignè. Ma in quel cenacolo, l’ultimo boccone sarà disceso nello stomaco all’ultimo minuto avanti la mezza-notte, e la comunione sacramentale al primo minuto seguente, ciò che forma una intiera giornata, e val meglio che non una digestione già perfetta in sei o sette ore seguite in una giornata medesima. Ecco il vero spirito del digiuno naturale, prescritto ad uno stomaco destinato per albergo al Signore.

7 Stasse.

8 Altalena.

9 Egli pure, anch’egli.

10 S’intende.

11 Cioè.

12 Degli altri.

 

 






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