- Vol. 1°
- 978. Er madrimonio sconcruso
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978. Er madrimonio sconcruso
Ggnente:
nun c’è ppietà: nnun m’arimovo.1
Io
pe la tiggna,2 bbella mia, sò ll’asso.3
Ho ppiú ttostezza io mó cco llei, che un zasso
che ffascessi a scoccetto cor un ovo.4
Pe
nun guardalla mai quanno la trovo,
vado tutto intisito5 e a ggruggno6
bbasso,
come un pivetto7 che la festa a spasso
sa d’avé addosso er vistituccio novo.
Lei
m’aveva da fà mmeno dispetti:
m’aveva da tiené mmejjo da conto,
e ffàsse8 passà vvia tanti grilletti.9
Io
sposalla? è impossibbile: nun smonto.10
Sc’è ttropp’onore tra li mi’ parenti
perch’io vojji pe llei fàjje11 st’affronto.
Terni, 29 maggio 1833
1 Non mi piega.
2 Per la ostinazione.
3 Sono l’asse:
metafora presa dal giuoco di carte, così detto della briscola, nel
quale l’asse è la carta superiore.
4 Si giuoca a Roma
dalla plebe percuotendo colla parte più acuta di un uovo allessato (chiamato ovo
tosto) sulla stessa parte d’un uovo simile che tiene in mano l’avversario.
Colui, il guscio del cui uovo si frange all’urto, perde il giuoco: e ciò dicesi
fare a scoccetto.
5 Teso, ritto.
6
Volto.
7 Fanciullo.
8 Farsi.
9 Capricci.
10 Non discendo, non
cedo.
11 Fargli, per «far loro».
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