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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1003. Er zervitore liscenziato

 

Fijjo, nun biastimà:1 zzíttete fijjo:
nun 2 ste buggiarate3 co la pala.4
Cqua a Rroma un zervitore che ssammala,
si5 ccerca agliuto,6 ar piú ttrova conzijjo.

 

A mmé, a ’na frebbe7 che mme prese in zala
la mi’ padrona m’intimò l’esijjo,
parlannome lontan da mezzo mijjo
cor naso tutto pien de madrigala.8

 

Me portai quattro mesi de terzane,
commattenno9 la morte co la vita,
senza un bajocco da crompamme10 er pane.

 

E cquanno aggnéde,11 a mmalatia guarita,
pe rripijjà la riverèa,12 quer cane
der cammio13 restò in rollo,14 e ffu ffinita.

 

30 ottobre 1833

 




1 Non bestemmiare. Notisi che qui non è questione propriamente di bestemmia, ma di quella lode che talvolta alcuno a persone od a cose, intorno alle quali altri abbia diversa opinione.

2 Non dire.

3 Queste sciocchezze.

4 A bizzeffe.

5 Se.

6 Aiuto.

7 Febbre.

8 Di matricaria.

9 Combattendo.

10 Comperarmi.

11 Quando andai.

12 La livrea.

13 Del cambio: il servitore supplente.

14 Ruolo.

 

 






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