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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1042. La famijja sur cannejjere1

 

Chi vvò cconossce2 er fior de le famijje,
entri a rrifasse3 l’occhi in sto portone,
e vvienghi a vvede4 a ccasa der padrone
si cche ffrega5 d’argenti e dde mobbijje.

 

Cqua ggioje pe la mojje e ppe le fijje:
cqua parchetti a la Valle e a Ttordinone:6
cqua vviaggi e scampaggnate oggni staggione:
cqua ccavalli da sella e dda parijje.

 

E rrifreschi, e accademie, e ttavolini
co li ppiú mmejjo ggiochi der paese,
dove nun currenantro7 che zzecchini.

 

Inzomma tra sti sfarzi e ttra ste spese
s’ha da stà ppe ccapí cquanti quadrini
avé un Mastro-de-casa d’un Marchese.8

 

9 gennaio 1834

 




1 In auge, in grandezza.

2 Chi vuol conoscere.

3 A rifarsi, a ristorarsi.

4 E venga a vedere.

5 Se che quantità.

6 La Valle e Tordinona, primi teatri di Roma.

7 Non corrono altro.

8 Abbiamo in Roma fra gli altri un luminoso esempio di questa verità. Un signor Patrizi maestro di casa del Principe Chigi, e addetto anche al duca Braschi, è stato accusato e convinto da quest’ultimo di furti vistosi. Ma il signor Patrizi ha danari e bbelle figlie, potentissimi avvocati della Romana Corte.

 

 






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