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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1052. L’Ottobbre der 31

 

Come! e in un tempo de tanto fraggello,
che, ssi rridemo noi,1 puro2 è ddilitto,
er Papa che sse stampa3 accusí affritto
se ne va intanto a vvilleggià a Ccastello!4

 

Mentr’er tesorierato è ttanto guitto
che nnun c’è in cassa manco un quadrinello,5
sse spenne mijjara6 a rrifà bbello
tutto er palazzo,7 e ’r Monno ha da stà zzitto!

 

Dove scime de Papi8 hanno passate
tante staggione cor mobbijjo vecchio,
nun sta cchi pper dio jjeri era frate!9

 

Romani mii,10 specchiateve in sto specchio
e ccapite che ttutte le sscimmiate11 che ffa llui, bbuscíe12 da mozzorecchio.13

 

12 gennaio 1834

 




1 Se ridiamo noi.

2 Pure.

3 Si stampa. Ne’ molti editti che si stamparono durante le vicende politiche del 1831, non si leggevano che espressioni di cordoglio e di pianto delle paterne viscere di Sua Beatitudine.

4 Castel-Gandolfo, luogo di villeggiatura ordinaria de’ Papi sul Lago Albano.

5 Nemmeno un quattrinello: centesimo romano.

6 Si spende migliaia.

7 A rifar bello tutto il palazzo. Malgrado la trista condizione dell’erario in quel tempo, si spesero vistose somme per rimodernare il palazzo, cosí che meglio che ad un Papa potesse dar ricetto ad una sposa regina.

8 Cime di Papi.

9 Gregorio xvi in brevi istanti passato dal chiostro al trono.

10 Miei.

11 Scimmiate: leziosità sceniche.

12 Bugie.

13 Mozzorecchi sono detti i cavillosi e bugiardi legulèi del romano foro.

 

 






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