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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1149. L’impeggni de le carrozze

 

Eh sor banchiere,1 e mmó in che ddà sto chiasso?
Poveraccio! ve pijjeno le dojje?
Vienite a llavorà de paste sfojje2
propio in ner zito3 che cciamanca4 er passo?

 

C’ho da sterzà,5 llanima tua?! pe cojje6
ne le vetrine7 e ffà cquarche sconquasso?!
Come ho da passà avanti? indove passo?
su la freggnaccia sporca de tu’ mojje?

 

Da’ addietro , ccornuto bbuggiarone:
tiè cquela frusta a tté, ddico: va’ ppiano:
vòi sfonnamme8 la cassa cor timone?

 

Nun me ssceggne9 ggiú, lladro ruffiano,
ché, ppe ccristo de ddio, t’arzo un pormone10
da imparatte11 a ttiené lle bbrijje in mano.

 

3 aprile 1834

 




1 Termine di spregio contro i cocchieri malesperti.

2 Lavorare di paste sfoglie, significa: «dare in bravure, in difficoltà».

3 Sito.

4 Ci manca.

5 Sterzare, voce dell’arte, vale: «dare indietro, dirigendo alquanto il legno alla diagonale, mentre il timone coi cavalli descrivono una linea contraria».

6 Cogliere.

7 Vetrine. O le bussole delle botteghe, o quelle cassette vetriate dentro le quali si espongono alla vista le merci o manifatture.

8 Sfondarmi.

9 Scendere.

10 Alzare un polmone, fare un polmoncello: entrare con percosse una tal parte di corpo.

11 Impararti, per «insegnarti».

 

 






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