- Vol. 2°
- 1177. Lo straporto der burrò
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1177. Lo straporto der burrò1
Com’è?
ddite davero, o ccojjonate?2
Sete annata3 de casa a li Leutari?!4
Nun tienete ppiú ll’antra5 a li Ssediari
che6 vve pagava la piggione er frate?!
Nun
abbitate piú ccome st’istate7
in quelli stanziolini tanti cari,
dove fascévio8 tanti bboni affari
a un testone9 pe vvisita e sscialate?
Prima
credo però dd’èsseven’10 ita,
da st’antra donna che cc’è entrata adesso
ve siate fatta dà lla bbon’usscita.11
Perché,
a ddí poco, ar meno un zei pe ccento
voi ve lo meritate, sora Ghita,12
a ttitolo de posto e d’avviamento.
8 aprile 1834
1 Prima la voce burò
non indicava altro a Roma, se non che un mobile da riporre panni, detto
anche comò, canterano, un’arca insomma. Ed abbiamo
anzi due stradelline chiamate burò, appunto per la bizzarra forma
delle case fra le quali sono aperte, case foggiate a modo di armadi centinati
per fare fronte e ornamento alla chiesa gesuitica di S. Ignazio. Dalla venuta
poi de’ Francesi è restata la parola burò nel senso proprio di uficio,
tale quale suona il loro bureau.
2 Scherzate?
3 Siete andata.
4 I liutari, contrada
romana.
5 L’altra.
6 Di cui.
7 Estate.
8 Facevate.
9
Moneta di tre paoli.
10 Esservene.
11
Dare il buon uscito, o il ben uscito: pagare un
inquilino perché ceda il fondo del suo affitto.
12 Signora
Margherita.
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