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1185. La fatica
Nun
te senti a ssonà cche st’angonia1
da
l’abbati cor furmin’a ttre ppizzi:2
«Fijji, trovate a ffaticà, ppe vvia3
che ll’ozzio è ’r padre de tutti li vizzi.
Loro4
penzino a ssé: ppe pparte mia
io l’aringrazzio de sti bboni uffizzi.
Io er giorno accatto,5 e ppo’ a la vemmaria
pe ddormí, a Rroma, sce sò bboni ospizzi.6
Jeri
anzi un prete ch’è ssempr’imbriaco7
me fesce:8 «Ar manco,9 fijjo mio, lavora
pe ammazzà er tempo». Ma io me ne caco.
E
jj’arispose:10 «Sor don Fabbio Sponga11
ammazzatelo voi, perch’io finora
vojjo la vita che mme pari12 longa».
9 aprile 1834
1 Agonia. «Non ti
senti che a ripetere questo mal suono», ecc.
2 Fulmine
a tre pizzi: il cappello triangolare de’ preti.
3 Poiché.
4 Eglino.
5 Accattare, per
semplicemente questuare.
6 Ci sono buoni ospizi. V’è
quella fondato dalla matrona romana S. Galla, della famiglia degli Odescalchi,
il nome della qual santa difficilmente giungerà a farsi assumere da alcun’altra
matrona. Galla qui equivalendo a «civetta, pettegola».
7 Ubbriaco.
8 Mi disse.
9 Almeno.
10
Gli risposi.
11 Sponga (spugna): colui che
succia assai vino; ubbriacone.
12 Mi paia.
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