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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1203. Er bijjetto d’invito

 

C-a-cà, r-i-rí, ccarí, n-a-nà, ccarina,
v-e-vè, n-i-ní, vení t-e-tè, venite
d-o-dò, m-a-mà, domà, n-i-ni...1 ssentite?
me disce2 c’ho ddannacce3 domatina.4

 

S-o-sò, l-a-là, sola. Capite?
Monziggnore me ,5 zzi6 Caterina,
sola, come sciannava7 la spazzina8
prima c’avesser posto a le Pentite.9

 

Lui m’averà dda cquarche pparola
che nun avete da sentilla10 voi,
epperò scrive che cce vadi11 sola.

 

 Lassàtemesce12 annà,13 zzia mia, ché ppoi
si mmarigala14 ar ritornà dda scòla15
ce spartimo16 er rigalo tra de noi.

 

16 aprile 1834

 




1 Vedesi a colpo d’occhio che alcuni fra’ primi versi di questo sonetto esprimono il metodo romano col quale si fa compitare le parole ai fanciulli, modo elementare di lettura adottato sovente per proprio disimpegno da persone di età più adulta, spezialmente del sesso gentile, non tutto versato assai addentro ne’ misteri del sillabario. Io però parlo del ceto, se non infimo affatto, neppur tuttavia primaiosecondario, ne’ quali due trovasi qualche coltura, almeno almeno dell’alfabeto e delle sue pertinenze. — Parendomi dunque opportuno il dir qualche parola sulla pronunzia di que’ versi, sì che ne risulti una connessione di suoni capaci di dar forma ad un verso, ecco qui appresso quel che ho immaginato di stabilire:

Misure

 

Quantità

 

Versi scanditi

 

Sillabe

JAMBO

 

ˇ -

 

cecà er

vuevè en

deodò em

 

1. 2.

JAMBO

 

ˇ -

 

rirì

ninì

mamà

 

3. 4.

JAMBO

 

ˇ -

 

carì en

venì

doma en

 

5. 6.

JAMBO

 

ˇ -

 

nanà

teetè

ninì

 

7. 8.

JAMBO

 

ˇ -

 

cari

veni

doma

 

9.10.

CESURA

 

+

 

na,

te

ni.

 

11.

 

 

 

 

v. 1

v. 2

v. 3

 

N.B. — Le sillabe non soprassegnate di quantità si elidono colle precedenti, permettendolo ampiamente la musica che nasce dal contatto delle misure dissillabi, che sono sempre jambliche.

 

Misure

 

Quantità

 

Verso scandito

 

Sillabe

ANFIMACRO

 

- ˇ -

 

essosò

 

1. 2. 3.

ANFIMACRO

 

- ˇ -

 

ellalà

 

4. 5. 6.

DATTILO

 

- ˇ ˇ

 

sola. Ca

 

7. 8. 9.

SPONDEO

 

- +

 

pite?

 

10.11.

 

 

 

 

v. 5

N.B. — In questo verso non abbiamo fra le due prime misure fatto nascere elisione, non troppo bene confacendosi all’indole delle combinazioni di misure trissillabi. Non si è al postutto preteso che il valore di quantità, attribuito a cadauna delle notate sillabe, sia quello a rigore che prosodiacamente dovesse lor convenire sempre ed ovunque: ma come nella poesia italiana il ritmo nasce spontaneo dalla potenza accentuale, cioè dalla varia collocazione degli accenti nella pronunzia delle parole, così abbiamo qui voluto cavare una norma peculiare di quantità prosodiache, le quali in altre circostanze potrebbero variare anche sulle stesse parole diversamente combinate.



2 Mi dice.

3 D’andarci.

4 Domattina.

5 Mi vuole.

6 Zia.

7 Ci andava.

8 Mercantessa di cianfrusaglie.

9 Reclusorio di donne di ex-mercato, o simili.

10 Sentirla, per «udirla».

11 Ci vada.

12 Lasciatemici.

13 Andare.

14 Se mi regala.

15 Le crestaie, sartrici, ecc., che stanno a lavoro presso maestre, dicono: «andare a scuola».

16 Spartiamo: dividiamo, ci partiamo, ecc.

 

 






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