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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1225. I vasi di porcellana1

 

Ma llei gli osservi se cche vvasi! Costa
piú il porto a mmé, cche a llei tutto il campione.
Non si lasci sfuggir quest’occasione,
ch’io glieli do pper acquistar la posta.2

 

Colori a ffuoco, ggiàa,3 smalto di crosta:4
glieli mantengo io, siggnor Barone,
per porcellana vera del Giappone,
fabbrica di Pariggi e ffatti apposta.

 

Venti scudi, dio mio!, valgono a ppeso.
Che bbei due capi! Lei, caro siggnore,
bbenedirà il danaro che ccià5 speso.

 

Mi maraviglio. Io glieli mando a ccasa,
e llei dopo a ssuo comodo... Ho l’onore:
servitor suo: mi favorisca spesso.

 

21 aprile 1834

 




1 A differenza del sonetto , si è in questo adottata la ortografia usata pel dir romanesco. Quello però non era che una rappresentanza di una lettera scritta: ma dovendo il presente porre sott’occhio la pronunzia romana (che di pochissimo diversifica dalla romanesca; malgrado la miglior correzione del dire), abbiamo stimato di non abbandonare il nuovo nostro sistema ortografico.

2 L’avventore.

3 Già. Lo abbiamo scritto con due a, onde esprimere il suono prolungato di questa vocale nella parola già; allorché serve essa di approvazione a ciò che si ascolta obiettarsi da alcuna persona.

4 Smalto profondo, spesso.

5 Ci ha: che si pronunziano in una sola emissione di voce.

 

 






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