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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1235. La Scittà eterna

 

Gusto sce l’averebbe io,1 sor Topaj,2
che Rroma tra cqualunque priscipizzio
campassi3 inzino ar giorno der giudizzio
e ppuro4 un po’ ppiú in ssi ccasomai.5

 

Ma ssempre ha ttorto marcio er zor don Tizzio,
che la preposizzione6 c’avanzai
ner cche sta scittà ppò ppassà gguai,
sii dilitto d’annàcce7 a SsantUffizzio.

 

Dunque, pe llui, la riliggione e Rroma
ddistinate inzieme a una cascata
come cascheno l’asino e la soma?!

 

Dunque la riliggione a stabbatino
nun je arregge si nun è affonnata8
sopr’a Ppiazza-Navona e ar Babbuino?!9

 

22 aprile 1834

 




1 Ce lo avrei.

2 Topaj, nome di famiglia romana, dalla quale dev’essere discesa l’altra de’ Topi, che mangia nello stesso granaio.

3 Campasse.

4 Pure.

5 Quand’anche si voglia.

6 Proposizione.

7 Andarci.

8 Se non è fondata.

9 Due luoghi di Roma: la parte pel tutto.

 

 






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