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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1509. Li ggiochi d’Argentina1

 

Jerzera, a la commedia,2 quer zor Pianca
che ccammia er vino in acqua e ll’acqua in vino
e vve fà pparé omo un burattino,
er tutto pe vvertú de maggía bbianca,

 

volenno quarche oggetto piccinino
da fà sparí, cco la su’ faccia franca
se vortò da un parchetto ammanimanca,
e ll’annò a cchiede ar Prencipe Piommino.3

 

S’ha da sapé cch’er Prencipe, un po’ avanti,
nun vorze4 fà una somma ar giucatore,
pe ccui sce lo ssciusciòrno5 tutti quanti.

 

Dunque a st’antra6 dimanna, che ffu cquesta:
«Me dia quarcosa piccola, siggnore»,
la ggente je strillò: «Ddajje la testa».

 

6 aprile 1835

 




1 Ne’ venerdì del carnevale 1834 in 35 al Teatro di Torre-Argentina il giuocoliere Carlo Pianca dette una serie di ricreazioni fisiche e di destrezza.

2 Commedia si prende e si dice dal volgo per teatro.

3 Il primogenito del principe di Piombino, don Antonio Duca di Sora.

4 Non volle.

5 Sciusciare: fare con la bocca, ad altrui scorno, quel suono indicato benissimo dal suono della prima sillaba di questo verbo.

6 Altra.

 

 






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