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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1565. Terzo, ricordete de santificà le feste

 

Jeri er Vicario, essenno l’Asscenzione,
disse a lo stampatore cammerale:1«Questa è ggiornata d’ozzio e dd’orazzione,
e nnun ze stampi né in bene né in male».

 

Figuret’oggi poi che ccunfusione!
La gran folla arrivava pe le scale;
e ddrento se pò ddí cc’oggni mattone
c’aveva fatt’Iddio sc’era un curiale.2

 

E ssai stasera quanta ggente arresta3
senza distribbuí le su’ scritture!4
Ma cquesto cosa fa? jjeri era festa.

 

Però pper allestí ll’antro palazzo
der Zanto Padre, se lavori pure;
e cqui la festa nun importa un cazzo.5

 

29 maggio 1835

 




1 La Stamperia Camerale gode la privativa delle stampe forensi, e dal Governo si affitta.

2 Nella prossima tornata del Tribunale della Rota, si dovevano portare infinite cause, per essere quella la prima dopo le vacanze dette delle purghe (Erunt potiones).

3 Resta.

4 Se le scritture non sono distribuite nella stabilita sera ad un ora di notte, o poco più, la causa va in contumacia.

5 Il Palazzo Lateranense ridotto già da Leone xii a ricovero de’ poveri, e dal regnante Gregorio restituito con enorme dispendio all’antico splendore, onde farvi una colezione prima di dar la benedizione solita dalla gran loggia della Basilica nel giorno dell’Ascensione.

 

 






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