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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1770. [Er còllera mòribbus]

22°

 

È vvero, è vvero: l’ho ssentito io
predicallo1 da un prete all’Orfanelli.2
Disce: «Er collèra viè,3 ccari fratelli:
prepàrete a mmorí , ppopolo mio.

 

Ma ppuro conzolàmose,4 ché Iddio
ner visitacce5 co li su’ fraggelli,
quarchiduno n’accettua6 de quelli,
e ssi7 ammazza er nipote, assorve er zio.

 

Semprigrazzia, ssce sò8 pprove sicure
ch’Iddio le donne gravide le sarva
pe vvia9 de quele povere crature».10

 

Ccusí ddisse la predica, fijjole.
Cqua nun ze11 tratta de fiori de marva:
a bbon intennitor poche parole.

 

17 settembre 1835

 




1 Predicarlo.

2 Nella chiesa di S. Maria in Aquiro, appartenente al Collegio Salviati, detto degli Orfani.

3 Viene.

4 Ma pure consoliamoci.

5 Nel visitarci.

6 N’eccettua.

7 E se.

8 Ci sono.

9 Per riguardo.

10 Creature.

11 Qua non si.

 

 






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