- Vol. 1°
- 232. Primo, nun pijjà er nome de Ddio in vano
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232. Primo, nun pijjà er nome
de Ddio in vano
Bbada,
nun biastimà, Ppippo, ché Iddio
è Omo da risponne pe le rime.
Ma che ggusto sce trovi a ste biastime?
Hai l’anima de turco o dde ggiudío?
C’è
bbisoggno de curre in zu le prime
a attaccà cor pettristo e cor pebbío?1
Chi
a sto monno ha ggiudizzio, Pippo mio,
pijja li cacchi e lassa stà le scime.2
Poi,
sce sò ttante bbelle parolacce!
Di’ ccazzo, ffreggna, bbuggera, cojjoni;
ma cco Ddio vacce cor bemollo3 vacce.
Ché
ssi lleva a la madre li carzoni,4
e jje se sciojje er nodo a le legacce,5
te sbaratta li moccoli6 in carboni.
Roma, 12 novembre 1831 - D’er medemo
1 Equivalenti per chi vuole e non
vuole bestemmiare.
2 La pianta principale del cavolo-broccolo in Roma
è detta una cima, e i suoi rigermogli cacchi. Quindi la morale
dell’Offendi i minori e rispetta i grandi.
3 Vacci col bimolle,
adagio, tenuamente.
4 Una donna che siasi usurpata l’autorità
dell’uomo, dicesi in Roma essersene messa i calzoni: e perciò qui Cristo
deve riprendersi i suoi calzoni, poiché presso il volgo di questa città la
Madonna va sempre dinnanzi al figliuolo, ed anche al padre del figliuolo.
5 Legami delle calze attorno a’ ginocchi: qui «perder pazienza».
6 Sinonimo di «bestemmia».
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