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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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477. L’esame der Zignore

 

Doppo che Ggesucristo fu llegato
pe cquer baron futtuto de Scariotto:
doppo che dda un ruffiano screanzato
de la sor’Anna ciabbuscò1 un cazzotto:

 

doppo che ffu dar Papa arinegato
c’arispose a la serva: «Io me ne fotto»;
lo portonno ar Pretorio de Pilato
ch’era lui puro un antro galeotto.

 

Poi da Pilato fu mmannato a Erode:
poi da Erode a Ppilato,2 in compagnia
de Caifasso e ddell’angelo-custode.

 

Disse allora Pilato: «Sor Gesù,
sete voi Cristo er Re de la Ggiudìa?».
E Ccristo j’arispòse: «Dichi tu».3

 

Roma, 22 novembre 1832 - Der medemo

 




1 Ci buscò.

2 Mandare da Erode a Pilato è comunissimo proverbio in Roma, per esprimere quella specie di giuoco in cui due persone tengono talora una terza, dipendente da esse per alcuno suo affare.

3 Modo attualmente nelle bocche del popolo intiero, per iscopo e in circostanza di dare una mezza opposizione al dir d’altri. Per esempio: «Io sono giusto». «Dichi tu». «Voglio bastonarti». «Dichi tu».

 

 






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