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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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741. Lui!

 

Io e ll’asino mio!1 In oggni cosa
ve sce ficcate voi pe Ccacco immezzo.2
In ogni freggna3 sce mettete un pezzo
der vostro, e jj’appricate la scimosa.4

 

Ma, ffratèr caro! e ssete stato avvezzo
co sto po’ dd’arbaggía5 prosuntüosa?
Tutto sapete voi! ggnente ha la dosa,6
si pprima voi nun je mettete er prezzo!

 

«Io vado, Io viengo, Io dico, Io credo, Io vojjo:
l’ho ffatt’Io, l’ho vvist’Io, sce sò annat’Io...».
pe ttutto sc’entra l’Io der zor Imbrojjo.

 

Chi ssete Voi? la tromma der Balío,
er Papa, Marc’Urelio in Campidojjo,7
la Santa Tirnità, Ddomminiddio?!

 

Roma, 14 gennaio 1833

 




1 Così dicesi a chi pone sempre l’io in tutti i discorsi.

2 Cacco in mezzo: chi si fa sempre innanzi, od occupa luoghi con altrui fastidio.

3 In ogni discorsi.

4 Applicar la cimosa: far la giunta.

5 Albagia.

6 Il suo dovere: il suo giusto.

7 La statua equestre di Marc’Aurelio, che sorge in mezzo all’area del Campidoglio.

 

 






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