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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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846. Gobbriella1

 

Che ggobb’è2 ttanta ggente? Eppuro, Cola,
cuer Zeta3 llí, cquer ciníco4 de donna
chi ddiría5 mai ch’è ttanta fijjarola6
che li pisscia a bbizzeffia da la monna?

 

M’aricordo cuann’era primarola:7
noi pregamio8 Sant’Anna e la Madonna;
e llei ’n d’un Credo,9 e cco una dojja sola,
bbuttò ggiú la cratura e la siconna.10

 

Cuanno è ggràdiva11 lei, sai che ddiventa?
un tommolo,12 e in zur fà13 dde gomma lastrica14
la panza je fa ttrippa15 e sse sbrillenta.16

 

Nu la guardà ssi è rridotta a mmar-termini:17
nun zò stati li parti, ma una castrica18
che ll’ha ffatta arrestà19 ppiena de vermini.

 

Roma, 1° febbraio 1833

 




1 Nome che si dà per ischerno a chi ha la gobba.

2 Espressione pure di scherno, perché quasi omofona con «che rob’è». etc.

3 Persona storta come la lettera Z.

4 Briciolo.

5 Direbbe.

6 Feconda.

7 Primípara.

8 Pregavamo.

9 Nel tempo che può recitarsi un Credo.

10 La seconda: placenta.

11 Gravida.

12 Tombolo.

13 In sul fare.

14 Elastica.

15 Fa sacco: si rilascia.

16 Vedi la nota antecedente.

17 A mal termine.

18 Gastrica.

19 Restare.

 

 






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