- Vol. 1°
- 1137. Er Tesoriere bbon’anima
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1137. Er Tesoriere bbon’anima1
Monziggnor
Tesoriere ch’è ccrepato,
quanno stava a la stanga der timone2
e mmaggnava su ttutte le penzione,3
le gabbelle, l’apparti e ’r mascinato;4
volenno5
fà una bbona confessione
(ché da un pezzo nun z’era confessato)
se n’aggnede6 da un prete sganganato7
drent’in ne l’Oratorio a la Missione.8
Mentre
sputava li su’ rospi, in chiesa
sce se trovava un povero cristiano
c’aveva avuto un torto in ne l’Impresa.9
Come
st’omo che cqua10 vvedde11 er gabbiano12
der confessore co la mano stesa,
«Nu l’assorve»,13 strillò: «fferma la mano!».
24 marzo 1834
1 Il Tesoriere
morto. Fu realmente monsignor Belisanio Cristaldi, e l’altro suggetto di cui
qui sotto si parla, un tal Baracchini.
2 Alla direzione
degli affari.
3 Pare che l’egregio prelato, a sentimento
del nostro Romanesco, volesse far rivivere il Date obolum Belisario. Noi
non siamo del suo maligno avviso. Crediamo però che se veramente l’antico
Belisario andò orbato degli occhi del corpo, il nuovo non godesse di que’ della
mente.
4 E il macinato: dazio sulla macinatura del
frumento.
5 Volendo.
6 Se ne andò.
7 Sgangherato, per «decrepito».
8
Nell’oratorio de’ Signori della Missione.
9 Quando
si nomina assolutamente l’Impresa, s’intende a Roma sempre quella
de’ Lotti.
10 Semplicemente quest’uomo. Il che qua,
che qui, sono pleonasmi usatissimi da Romaneschi.
11
Vide.
12 «Gabbiano», per «balordo, gocciolone»: la dupe
de’ Francesi.
13 Non l’assolvere.
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