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Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti romaneschi

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1229. Er linnesto1

 

Sia bbenedetto li Papa Leoni,
e ssin che cce ne sò,2 Ddio li conzoli;
c’ha llibberato li nostri fijjoli
da st’innoccolerie3 de vormijjoni.4

 

Vedi che bell’idee da framasoni
d’attaccajje5 pe fforza li vaglioli
pe ffajje arisvejjà6 ll’infantijjoli7
e stroppiàcceli8 poi, come scroppioni!9

 

Iddio scià10 mmessa la Madre Natura
su st’affari, coll’obbrigo prisciso
de mannà11 cchi jje pare in zepportura.12

 

Guarda mó, ccazzo!, pe ssarvajje13 er viso
da du’ tarme,14 se15 leva a una cratura16
la sorte d’arrobbasse17 er paradiso.18

 

21 aprile 1834

 




1 L’innesto.

2 Ce ne sono.

3 Queste inoculazioni.

4 Il vajuolo arabo. Si allude all’abolizione fatta da Leone xii dell’istituto di vaccinazione ecc., ed allo scioglimento de’ sudditi della Chiesa dall’obbligo di esibirgli i loro figliuoli.

5 Di attaccargli: attaccar loro.

6 Per far loro risvegliare.

7 Convulsioni infantili.

8 Storpiarceli.

9 Scorpioni.

10 Ci ha.

11 Mandare.

12 Sepoltura.

13 Salvar loro.

14 Tarme: le vestigie del vajuolo.

15 Si.

16 Creatura.

17 Di rubarsi.

18 Massima favorita della Ch. M. del Cardinale Severoli, tenuto da Leone xii per l’oracolo dello Spirito Santo.

 

 






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