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- 1234. Er cedolone der Vicario
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1234. Er cedolone der Vicario
Chi
ttiè la robba de quer prete morto,
d’adess’impoi, cor cedolone àscido
c’ha attaccato pe Rroma er zor don Prascido,1
sta
ffresco come la scicoria d’orto.
Ché
scórto2 l’asso3 d’otto ggiorni, scórto,
er Papa cor zu’ santo bbeneprascido4
lo condanna addrittura a mmorí ffrascido,5
senza che pprima se ne fussi accorto.
La
scummunica è uguale ar marfrancese,
che tte penetra l’osse a la sordina,
e tte manna a fà fotte6 in men d’un mese.
Chi
ssarà ll’animaccia ggiacubbina,
che nnun ridii7 le cose che ss’è pprese
doppo der cedolon de stammatina?8
22 aprile 1834
1 Cardinale don
Placido Zurla, già confrate ed oggi Vicario di Gregorio xvi.
2 Scórto, colla prima o
chiusa: «finito».
3 L’asso: il lasso.
4
«Beneplacido». Moltissimi dicono anche beneprascito e boniprascito.
5 La massima parte del più basso volgo dice frascico.
6 Ti spaccia.
7 Non ridía: non
restituisca.
8 Questo cedolone fu difatti affisso
il 22 aprile 1834 per lo scopo indicato dai nostri versi. Simili cedoloni sono
lunghi fogli stampati già anticipatamente come locazioni per l’occorrenza,
venuta la quale si riempiono a penna certe lacune col nome del morto i di cui
effetti o mancano affatto, o non sembrano all’erede della quantità ed
importanza che supponeva. Il detentore, spirato un cento indugio, è condannato
alla scomunica e a tutti gli effetti di quella, con espressioni e formule degne
del secolo di Gregorio vii.
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