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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Ciro non si fa nella musica tanto onore quanto mostrate di credere. Suonò bensì egli in pubblico, ma vi sarebbe stato un poco a dire circa all’agilità della mano. Su questo punto un di lui compagno lo supera, benché poi, a dir vero, sia egli superato da Ciro nella cognizione del tempo. Sin da quando io mi decisi ad applicar Ciro a questa dilettevole occupazione ebbi in mente ciò che voi mi consigliate oggi di fare, cioè abilitarlo all’accompagnamento, parte la più necessaria ed utile della musica per chi non possa riuscire un suonatore di mano, distinto dalla mediocrità. Né a ciò potrebbe certamente il mio Ciro aspirare, specialmente in risguardo del poco tempo che gli altri studi più solidi gli lasciano ad impiegare sul pianoforte. Egli dunque studierà l’accompagnamento e accompagnerà il vostro canto. La vostra Mammà vuol sapere da me come sia bravo il maestro di Ciro e di qual metodo siasi servito per istruirlo. Ditele in mio nome che il Maestro Tancioni, Direttore della Cappella di Perugia, è uno de’ buoni allievi del Conservatorio di Napoli.
Circa il metodo io comperai quello di Ascoli: il Maestro poi ha preso un po’ qua e un po’ là e ne ha fatto quasi un metodo proprio.
Cercate sul dizionario osier e vi troverete chiara e netta la risposta alla vostra dimanda relativa al tissu.
Siccome vi dissi nella mia precedente, i vostri solfeggi son già presso di me. Udii a dire che le signore Serafini avevano ricevuta una vostra lettera ma che non credevano doversi molto affrettare a riscontrarla. Il motivo di simile loro opinione potete figurarvelo facilmente.
Le firme delle vostre lettere a me dirette non mi piacciono. Amichetta sta bene perché mi professate amicizia e siete giovanetta ma perché scolara? Di che? A 150 e più miglia di distanza?! Belle e facili lezioni! Oltrediché la mia mente non è più capace d’insegnar nulla ad alcuno. Mi duole sempre il capo, e presto mi renderò forse stupido affatto. Nella età matura l’intelletto che se ne va a spasso non torna più come tornate voi allegramente dalle vostre trottate nel legnetto di casa.
Ciò che è volato è volato, né posso richiamarlo come voi richiamate i vostri canarini o i passeri quando saltano sulla finestra. Io vado a divenire un povero vecchio, al quale appena un giorno useranno la generosità di dire: come sta, Signor Giuseppe? si accomodi. Voi però spero, mi userete qualche indulgenza maggiore in memoria della mia antica amicizia colla vostra famiglia per impulso del vostro cuor sensitivo.
Sono sinceramente il vostro affezionatissimo amico e servitore G.G. Belli
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