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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Sig.ra Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
per Morrovalle
Riconosco la mia pigrizia, la confesso, eppure non penso affatto-affatto a correggermene, persuaso della inutilità del tentativo in una età nella quale tuttociò che possa un uomo fare di meglio è prepararsi pel più o meno prossimo termine della vita, avendo il vecchio molto maggior motivo che non il giovane di tener sempre sugli occhi la sentenza di un poeta popolare di Roma:
«La morte sta anniscosta in ne l’orloggi
Pe ffermavve le sfere immezzo all’ora;
E gnisuno po’ ddì: ddomani ancora
Sentirò bbatte er Mezzoggiorno d’oggi.»
Per quanto però impigrito e quasi trasecolato io mi senta, non dirò purtuttavia di esser giunto a tale estremo di apatia da rimanermi insensitivo come di coloro che debbono interessarmi, e perciò vedo ragione di ringraziarvi dello aver Voi voluto spontaneamente accomunare l’animo vostro nelle mie domestiche dolcezze e amarezze, le seconde delle quali han superato in intensità e in durata le prime. Ma non si venne già al mondo per averle tutte vinte; e le contrarietà pazientemente sopportate ci arrecano allo stringer de’ conti più guadagno che scapito. Basti fin quì di morale, che sulla mia penna potrebbe anche parervi ridicola, qualora vi ricordiate le mie vanità giovanili.
Rendo, facendone Voi mediatrice, mille cordiali saluti alla Marchesa di cui godo udire la buona salute, a Pirro meritevole di ogni conforto, ed alla vostra Matilde alla quale auguro felice maternità. Tuttociò per istrenna di Natale e capo-d’anno.
Al Signor Matteini, per quanto io ci ripensi su, non mi risovviene di aver detto volere io inviarvi alcun mio libercolo. O fu dunque per parte sua un malinteso, o io in quel momento vaneggiava.
Il Vostro divotissimo obbligatissimo servitore ed amico Giuseppe Gioachino Belli
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