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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Sig.a Vin[cen]za Perozzi N.a M.sa Roberti
per Morrovalle
Le ultime parole della tua lettera mi chiamano a gratitudine e a modi di confidenza: così io comincio come tu finisti: ma basta qui: io non mi sento coraggio di esser con te familiare. — Lo so: il potere e il volere son fuori di dipendenza scambievole, ma circa al positivo. Pel negativo la va in altro modo. Quel che la volontà rifiutasse, per me equivarrebbe a impossibilità fisica, morale, metafisica, e se v’ha di peggio. Intesi già bene che voi interrogavate il mio arbitrio e non le mie forze, ma su ciò non so dirvi di meglio di quello che mi è caduto di penna. Dunque chiedete: che mai sarà? Si tratta di Buda? d’Algeri? Spero che potrò voler compiacervi: ma promettere al buio non è da uomo prudente, né donna savia può dimandarlo. —
Il diavolo si vuole arrestato a Bologna, e si dice ladro di danari vinti al lotto da una femminetta volgare.
— Sì, mi dispiace la morte della Bollici, benché in tanti mesi di vicinanza io non le abbia mai neppur dato un saluto, non che un pensiere. Ma tale influiva su me un principio di unicità che... — Voi vorreste quasi andar consolata della fine di Lei, la quale, innocente sì influì pure in vita sul vostro carattere. Un velo su queste dolorose materie! — addio Cencia. Sino a tutto il 5 Luglio io sarò quì [sic] ah!
Sono veram[ent]e vostro a[mi]co
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