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Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

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Alla Nobile e gentil Donna

Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti

Macerata

per Morrovalle

Di Roma, 17 maggio 1841

Gentilissima amica

Senza accusarmi da me stesso o difendermi, e piuttostoché attribuire il mio silenzio o alla mia salute o alle mie brighe o alla mia pigrizia, vengo a saldare oggi i miei conti, e insieme colla vostra 10-15 Maggio corrente riscontro ancor l’altra del 30 Marzo e 5 Aprile.

Non consumiamo più carta intorno ai versi e alla epigrafia del frate. Quel cervellaccio balzano non è buono ad altro che a farne frittura pegatti o concime per un cavoleto. Ma non varrebbe egli meglio che questo buon servo di Dio zappasse la vigna del Signore, e lasciasse in pace i poveri morti colle sue vie più belle, colle sue soglie del cielo, colla terra fella, colla orditura di miserie, e la respirazione di luce, e la disunazione de’ mortai, e gli scabelletti di raggi, e tutta quella tantafera di zacchere con cui va impiastricciando le pietre delle sepolture? E Voi, Signora cultrice esimia delle lettere belle, perché non lo consolate con cinque lettere bellissime dandogli il nome di Fra Zucca o Fra Asino? — Intanto non me lo menate più fra gli stinchi. Stando alla vostra opinione sul conto di vostro cognato mi duole se mi sono ingannato nel buon concetto che ho formato di lui. E certo è bene che sino ad ora nulla ho in esso rimarcato che non sia degno di stima. I suoi modi son disinvolti, civili ed ameni: il suo spirito è sveglio e piacevole: le sue attenzioni per la sposa assidue e delicate. Che ne aveva io da pensare? Con tuttociò il malumoretto che sembra volersi rinnovare o mantenere fra lui e voi altri, mi disgusta e rammarica: queste sono faccende da sbrigarsi poi a voce. Intanto i malaugurosi pronostici vostri per la tranquillità futura della sposa mi turbano anch’essi, perché io amo questa figlia dei Cini.

Della M[arche]sa Solari dopo le vostre poco buone notizie ne ho avuto di simili dal can[oni]co Vecchiotti, fratello del maestro di Cappella di Loreto. Povera Signora! Vive molto penosam[ent]e e fa non meno penare la buona Ignazîna. Se le vedete e se crediate che un mio saluto non venga troppo in isconcio fra le loro afflizioni, salutatemele, e fatele certe della mia pena per le sofferenze a cui la provvidenza le inchina.

Il vostro bel paragrafo ragguardante alla scelta di un compagno, importantissimo negozio per una bennata giovanetta, mostra seducentissima specie di verità. Io però mi farei temerario sino ad instituirne una analisi per mostrarvi le parti nelle quali il successo da voi con sì leale convinzione vagheggiato potrebbe forse non intieram[ent]e rispondere alla sincerità delle massime vostre intorno a questo grave argomento di felicità. Ma si entrerebbe in una assai larga discussione di principii; epperò io conchiuderò questo articolo colle stesse vostre finali parole: a voce nel futuro settembre. Prima nulladimeno di troncarne affatto le fila pregovi di riflettere sui seguenti quesiti.

- Il bene e il male si scopre meglio e più chiaro in un ampio che in un ristretto numero d’uomini? Sì; ma una scelta di pochi, fatta dalla esperienza di amorosi educatori, preserva la semplicità de’ giovani dal pericolo delle illusioni e dalla fatica d’instituire da se stessi il criterio de’ proprii sentimenti.

- Nel 10° uomo non si scopriranno forse migliori qualità che nel ? Certamente. Ma il 100° ce ne mostrerà fors’anche delle più belle che il 99°, e il 1000° più che il 999°, e così di seguito. I due estremi del bene e del male dove hanno i confini? Su queste basi una scelta non si farà mai, o sarà timorosa e infelice.

- Una grata impressione fatta in un cuore da un piacevole aspetto non potrà ella esser vinta o superata da altra successiva, che renda poi amari e desolanti i primi e irrevocabili impegni?

A simile quesito applicherei la risposta del . - In mezzo a questo scetticismo di sensazioni come riposarci mai nel futuro? E la soverchia cautela contro i possibili eventi non potrebbe ella condurci o all’indifferentismo o alla instabilità?

- Il genio de’ giovani va consultato o asservito?

Va consultato; ma l’amorosa vigilanza dell’autorità deve preparar loro le terne. Per queste sì che gioverà più la massa dei 1000 che quella dei 100.

- A chi dunque apparterrà la scelta: all’educatore o all’alunno?

A niuno de’ due, e a tutti e due insieme.

- Dove dovrà cadere la scelta? Nell’anima o nei sensi?

Né in questi né in quella; ma nell’accordo dell’una e degli altri.

- Si darà preferenza alla virtù o alla bellezza?

Alla prima, indivisa però dalla seconda.

- Ma il genio quando potrà dirsi veramente soddisfatto?

Per non ritornare alle dubbiezze del quesito dirò: quando la sommessione sarà d’accordo colla libertà del decidere. Per le successive contingenze una soda virtù starà in guardia del cuore, la virtù che non mostra piacevole se non quello ch’è onesto. In un gran circolo di attrattive esteriori corre il rischio dell’inganno sulle doti interne; e data facoltà al genio di spaziare all’aperto in un vasto campo onde poi arrestarsi ad un punto possono derivarne alla pace effetti forse non meno funesti che da una scelta in piccolo spazio, ma pieno di oggetti già scelti per opera di una esterna e già matura esperienza. Tuttociò non è quanto io vorrei e potrei sviluppare circa l’attuale quistione. Ma basti per ora, e poi c’illumineremo a vicenda nel conversare. Intanto persuadetevi che il passato mio scrupolo sul viaggio di Ciro non aveva alcuna relazione con simili propositi, ma si fissava nell’unico pensiero che se la scelta potesse un giorno cadere su lui, mi dorrebbe assai che fosse il mio figlio colui al quale in un colla sorte felicissima dello appartenervi toccasse l’uficio di attraversare i progetti della vostra buona sorella. Io vorrei tutti contenti.

La più bella delle tre sciarade di Pirro è quella del Cortigiano. Son poi tutte e tre facilissime. La terza del Vapore porta quasi la sua spiegazione scritta in fronte. Bisogna dare veri, giusti, esatti elementi allo spirito della soluzione, ma un po’ di buio convien pure cacciarvelo dentro: altrimenti finisce col se c’indovini te ne do un rampazzo. Il Cortigiano tocca il perfetto in questo genere di enimmi.

Circa alla 1a ottava del C.o XIV non v’è alcun dubbio che il Tasso parli della Notte. Egli dice nettamente la notte oscura. Né è vero quel che a voi pare, cioè che la ruggiada [sic] cade solo nell’avvicinarsi dell’aurora. Essa cade in tutta la notte ma è più sensibile verso l’aurora, perché allora è più fredda la terra dopo più ore di abbassamento di temperatura. La moderna teoria del calorico radiante spiega per eccellenza le cause e le condizioni della formaz[ion]e della rugiada. Fra tante cose non vi è restata carta per Matildina. Ah! quanto era meglio che le riserbassi l’intero spazio concesso a mio controgenio al frate Cipolla! Immaginatevi però voi le più care espressioni, e queste sian per Matilde in mio nome. Abbraccio Pirro, saluto tutti e bacio le mani a Voi.

 

Il V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co

G.G. Belli

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