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Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

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Alla Nobile e Gentil Donna

Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti

Macerata

per Morrovalle

Di Roma, 22 settembre 1842

Gentilissima amica

Nessuno vi ha mai detto che non dobbiate far alcun passo nel tristo affare di vostra sorella: nessuno pretese consigliarvi a sopportare in silenzio le dilapidazioni e gl’inganni del di lei seduttore. La opinione sulla inefficacia di un diretto ricorso al Papa è fondata sulla quotidiana esperienza de’ di lui rifiuti d’accoglier riclami ed accuse di competenza di appositi magistrati; né di poco peso parvemi in ciò il voto dello stesso Uditor Ill[ustrissi]mo, per le cui mani passar sogliono simiglianti vertenze. La interpella[zion]e fatta a questo principale ed anzi unico organo delle sovrane decisioni in materia contenziosa e giuridica, e la successiva consultazione prudentemente diretta a un dottissimo e onestissimo Uditor di Rota onde averne consigli e norme sulla più utile e sicura iniziativa da darsi a simile affare, potean provarvi che parte fredda e inoperosa io non mi rimasi in uno sgraziato avvenimento che sì a ragione vi addolora ed infiamma. Circa al resto io v’indicava la parte che a voi intanto spettava di prendere per contribuire ad incamminar la faccenda co’ suoi piedi: parte per cui a me mancavano gli elementi, nel senso che non trascurai di svilupparvi minutamente. A voi però, sorvolando su tutto, è piaciuto dimetterne il pensiero, ed io non posso replicare che amen.

Intorno alla moglie di vostro cognato, che avete creduto chiamare la mia protetta, mi limiterò a rispondervi che io non proteggo alcuno, dappoiché le mie protezioni farebbero ridere anche un condannato a morte. Tuttociò che mi è lecito di fare a simil proposito si restringe a lodare ed anche a difendere chi siami sembrato degno di elogî e difesa, quando abbia saputo colla propria condotta e colle sue gentilezze cattivarsi la mia amicizia e benevolenza. Niuno però mi supera in buona fede nel confessare il torto allorché una più inveterata esperienza mi dimostri che que’ nobili sentimenti erano stati mal collocati; né allorá arrossisco di un inganno nato dall’obbligo che ha ogni onestuomo di concepir buon concetto e ricevere nell’animo una stima di chicchesia, dove ogni contatto con esso somministri lunghe e ripetute occasioni di apprezzarne le doti. Il cuore poi non lo vede occhio umano; e se un giorno dan fuori viziose qualità che una fina scaltrezza seppe celare per anni, altro non v’è a fare che stringersi nelle spalle, alzar gli occhi al cielo, e dire: ecco un disinganno di più. Quando voi, secondo le vostre parole, riguardavate quel Maestro di musica come uno de’ vostri migliori amici, quando lo introducevate presso i vostri parenti, quando lo mettevate al fianco di vostra sorella e di vostra figlia nella persuasione che fosse un galantuomo ed a voi affezionato, quando insomma lo proteggevate (ché questo è veramente un caso di protezione), che facevate voi allora? obbedivate a un sentimento involontario, scaturito da amabili e interessanti apparenze. Ed oggi? Siete ridotta a chiamarlo traditore ed infame, parole che piglian sorgente da ben altro che qualche compatibil leggerezza o difetto. Ma su questo articolo basti. La malattia di vostro cognato è stata creduta per quella che da lui si è asserita.

Vi augurate che le assidue mie fatiche avran tregua allorché siasi da me dato all’uficio un esatto e ordinato andamento. Ma non andrà a questo modo. I miei travagli procedono dalla stessa macchina che debbo condurre, e non da disordine de’ suoi ordigni. L’ordine è già stabilito, e il lavoro dipende dalla quantità e qualità degli affari che tuttogiorno si riproducono. Mi son certamente caricato di un peso non più in proporz[ion]e delle mie forze. Ogni anno ne cresce uno. Ma!

A quest’ora dovete aver visto la soluz[ion]e di quanto Pirro desiderava dal S.r Ferrieri, benché per verità in parte. Mi rispose questo Signore che il Card[ina]le Pro-Tesoriere aveva già da molti giorni firmato gli ordini per le piantagioni vostre e per quelle dell’Ospedale: gli altri due non aveva voluto ancora firmarli. La Delegaz[ion]e pertanto avrà già pagato quel che risponde a’ detti ordini già spediti. Ciro gode perfetta salute; buono, dolce, tollerantissimo, lieto e di severi costumi. — Saluto cordialm[ent]e Pirro, Matilduccia, la S.a M.sa ecc. ecc. e mi ripeto alla strozzata.

 

Il vostro aff[ezionatissi]mo a[mi]co

G.G. Belli

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