Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Signora Vincenza Perozzi, N.a Marchesa Roberti
per Morrovalle
Non v’ha dubbio che il meglio che da me farsi potesse, e che io farei dove le circostanze mel consentissero, sarebbe il condurre sempre il mio figlio con me, ovvero, che torna lo stesso, il seguir sempre i suoi passi. Ma poiché la mia personale situazione mi vieta di adottare il più sano partito, ed altronde è pur necessario il concedere a un giovane qualche sollievo onde non condannarlo alle privazioni di chi oltre alla stanchezza della età sente in se stesso il freno di doveri che comandano rassegnazione, procuro di conciliare un estremo coll’altro, ravvicinandoli per quanto è possibile colla scorta della prudenza. Dopo nove anni di dimora in un clima schietto e salubre, dal quale fu, si può dire, formato il temperamento e create le abitudini della vita di Ciro, io bene mi avvidi che le prime due stagioni estive da lui trascorse sotto il cielo romano, senza per la verità alterargli la salute ne diminuirono purtuttavia il vigore e la prontezza all’operare, inducendo in esso qualche parte di quel floscio e cascante che forma il carattere delle complessioni esposte a quest’aria torpida e così poco refrigerante. Gli avvezzi a queste estive caligini se la passano per solito senz’altro danno che di un poco di debolezza, di perdita di appetito e di svogliataggine; ma i non abituati corrono rischi più gravi, e non di rado salutano l’estate con qualche brindisi di china-china. Per prevenire adunque, almeno ne’ primi anni, qualche malanno in mio figlio, me lo sono tolto dal fianco mandandolo a respirare in atmosfere più fresche, più toniche e più pure di quella che stagna fra il Campidoglio il Pincio e la Cupola di s. Pietro. Ciò non ho fatto peraltro a chiusi occhi. Nel viaggio l’ho sempre associato ad ottime compagnie, e a Perugia l’ho situato tra una famiglia rispettabile per ogni titolo, e degna della più estesa fiducia. Poi verrà egli da Voi, e su ciò non occorre dir altro. L’unico tratto in cui Ciro rimarrà solo e abbandonato a se stesso, sarà quello da Fuligno a Macerata; perché a Fuligno vi ha un altro mio vicegerente. Ma diamine! che gli potrebbe accadere tra Macerata e Fuligno? Qualche incontro di ladri? Spererei di no, e poi contro i ladri non valgono tutori. Nel ritorno poi le città per le quali avrà transito sono (oltre Fuligno) Spoleto e Terni; e in entrambi i detti luoghi ho eccellenti e sicuri rapporti.
Allorché sarà Ciro in vostra Casa voi gli terrete luogo di Madre e lo troverete docile e rispettoso, mansueto e di facilissimo umore. L’ho anzi avvisato che si regoli esattamente in tutto secondo i vostri consigli. E Voi dategliene. Egli partirà (è il diario che gli ho prescritto) verso il 15 di questo mese per Macerata. Il giorno più o il giorno meno potrà dipendere da imprevedibili circostanze, fra le quali non è l’ultima la combinazione di vettura. Se queste med[esim]e circostanze gli permetteranno di prevenirvi del giorno di sua partenza, lo farà: altrimenti è già da me bene istruito del luogo dove Voi vi troverete, secondo le indicazioni da Voi datemene nella Vostra del 27 agosto. Veramente Voi mi diceste in detta lettera che allorché sareste giunta al Casino me ne avreste dato avviso; ma poiché aggiungeste che ad ogni modo vi ci trovereste ai primi di questo mese, ho creduto di anticipare le mie istruzioni a Ciro onde evitare il caso di imbrogliare simile organizzazione troppo alle strette, con un carteggio fra Macerata, Roma e Perugia. Ciro dunque aspettatevelo fra pochi giorni sopra alla salita di Sforzacoste, cioè sopra la prima salita dopo quella di Sforzacoste, a due miglia prima di Macerata, a destra del viaggiatore.
Diriggo [sic] questa mia a Morrovalle per buona regola, onde abbiate questi miei avvisi se mai non ne foste partita.
Se poi già siete al Casino, ve la manderanno, e il ritardo di essa non potrà in tal caso più nuocere. Mille saluti a Mamà, a Pirro, e alla mia cara Matilde.
Sono di cuore il V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co
* * *