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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
All’Onorevole
Morrovalle, 27 luglio 1834
Quantunque vi supponga partito da Roma allorché vi giungerà il presente foglio, pure ve lo diriggo [sic], perché non fa alcun danno che lo leggiate di qua a tre o quattro mesi.
Veramente io ho fatto sempre gran differenza dal dire che non si vuole fare una cosa, e dal mostrare timore di non esserne capace. Questa diversità la conoscete voi meglio di me; quantunque adesso vi piaccia di sostenere il contrario. In qualunque modo, voi mi parlate più chiaramente che in passato, ed io cesso d’interpellarvi sulla istruzione di mia figlia. A fronte di ciò mi lusingo che ella verrà istruita quanto basterà per il suo sesso, perché mi regolerò principalmente coi materiali che ho ricevuti da voi, e dietro i consigli che ho ricevuti in diverse epoche; e quando mi troverò impicciata, mi rivolgerò alla persona che, dopo di voi, stimo più d’ogni altra, che non sarà certo un’abbate [sic].
Vi scrissi che avrei indirizzati alla vostra direzione baj.[occhi] 60, ma poi dimenticai di farlo sicché voi gli [sic] avrete chiesti inutilmente. Non accadrà però così in avvenire poiché sono già affrancati. Mandate dunque a riscuoterli, e scusate. Ettore dimenticò avvisarmi dell’arrivo del libro e trattandosi appartenente a sua cognata [?], e spedito da suo padre credette anche non essere necessario che se ne prendesse premura. Egli ignorava che io dovevo accusare ricevuta a voi.
Dunque voi persistete nella idea che noi saremo più amici da lontano che da vicino? Mi pare anche di travedere che fra poco vorrete persuadermi che per conservare tale amicizia fa duopo [sic] che non ci scriviamo più mai neppure. Se è così io preverrò il vostro consiglio non vi scrivendo che allorquando ne avrò necessità, ovvero per riscontrare le vostre lettere, che vi prego inviarmi più spesso che potete. Ma vedete diversità di opinioni! Gli altri miei amici cercano sempre di rivedermi o venendomi a trovare, ovvero cercando che io vada a passare qualche giorno da loro. Oggi appunto devo rispondere ad uno che m’invita ad andare ad un suo casino di campagna, adducendomi per ragione che l’amicizia perché sia forte fa duopo ravvivarla ogni tanto col conversare fra amici. In verità la mia opinione si uniforma più a quella di costui che alla vostra.
A proposito di campagna. Fra otto o dieci giorni io partirò pel nostro casino, dove mi ero ideata di potervi attendere. Pirro resterà qui per badare a suoi malati.
Vi ringrazio tanto tanto dell’avviso che mi date della parola Mitologia, che per verità io non so come la scrivessi diversamente, quando potevo osservarla nelle altre vostre lettere. Sono però grata a tale errore, poiché l’avvertenza che me ne fate è la cosa più obbligante che mi dite nella vostra ultima. Pirro, Mamà, e Matilde tornano a salutarvi. Questa per la sua età è molto alta, e mi pare di poter dire che è bella. I capelli specialmente sono bellissimi. Ella è sempre nella camera con un’angiolo custode, poiché sola non la lascio mai, ma questo non ne siegue i passi come una volta. L’angiolo custode però di adesso, quantunque palpabile, non vi curereste di palparlo, essendo una brutta donna di 40 anni. La bella Giuditta non è più al mio servizio, fin dal primo dell’anno corrente, e me ne trovo contentissima, poiché la brutta Michelina è per me mille volte più utile di lei. Addio. State sano, e rammentate qualche volta che avete qua delle persone che vi stimano, e che io sarò sempre
L’amica V[ostr]a Vincenza Roberti Perozzi
[sotto cancellatura]
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