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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
All’Ill[ustrissi]mo Sig[no]re P[adr]one Col[endissi]mo
Sig.r Giuseppe Gioacchino [sic] Belli
N. 18 Roma
[Di mano del Belli: Risp. il 28 d.]
Morrovalle, 23 9bre 1837
La più viva commozione abbiamo provato nel leggere il tuo triste foglio, e Pirro lo ha inondato di lagrime. I soli suoi occhi però, ed i miei lo hanno trascorso, e ti giuriamo ambedue un’impenetrabile [sic] segreto sul suo contenuto. Non possiamo però rinunciare alla speranza che la noia che devono cagionarti tante fatiche, e la stranezza che ne viene di conseguenza, ti facciano vedere il tuo stato tinto da colori più tetri assai di quelli che sono realmente. Sì, amico mio, la tua fantasia è alterata, o tu hai sofferto un tradimento. Infatti, come ha da essere in un punto distrutto quasi del tutto un patrimonio che forniva a tua moglie mezzi sufficienti per menare una vita non dirò solamente agiata, ma anche con lusso? Ottimo appartamento, splendido vestiario, buona tavola, palco al teatro, collegio per Ciro, società, erano occasioni di spese forti, eppure ella ne aveva i mezzi. Come può essere distrutto in un baleno un capitale che dava siffatti frutti? Se poi qualche falso amico ti ha tradito allora è tutto spiegato, ed il tuo caso è terribile; ma senza questo tu devi aver cavato un capitale coi soli oggetti che avevi dentro casa, e che mi fai conoscere di avere esitati. Ed i consolidati? e gli altri crediti che aveva tua moglie? Capisco che di questi te ne saranno andati molti a male, capisco che avrai trovato anche de’ debiti, ma in ogni modo l’esito doveva essere molto inferiore alla entrata, altrimenti come avreste potuto vivere così doviziosamente? Insomma noi ci lusinghiamo che il male sia meno terribile di quello che tu lo temi. Mi dici inoltre che brami non essere a carico del patrimonio di tuo figlio; ma non basta pel tuo mantenimento la pensione che avevi dal governo come impiegato emerito all’ufficio del registro? Mi fai nascer dubbio che il governo ricusi di pagartela, e ti chiedo su questo punto spiegazione. Tu cerchi delle agenzie, ma, caro amico, devi riflettere che il tuo carattere ti renderebbe impraticabili quelle vie che devono tenersi pur troppo per ottenere favori, o trattare interessi: ne hai una prova ben dolorosa ne’ tuoi affari. Con tutto ciò io non mancherò di dirigere a te chiunque mi dicesse che gli occorre qualche cosa dalla capitale. Per ora non mi è stato parlato che di una cosa, e te la dico subito. Un giovane di qui, impiegato da tre anni nell’amministrazione de’ sali e tabacchi in qualità di verificatore alle coltivazioni, e molto ben veduto da’ suoi superiori, desidera di avvanzar [sic] grado cioè di essere nominato Ispettore alle d[ett]e coltivazioni. Egli promette scudi 30 di gratificazione a chi gli ottenga questo posto. E non dovrebbe riuscirgli tanto difficile perché è protetto anche dal Passionista Padre Vincenzo Ferrajoli fratello di quel Ferrajoli che stà con Torlonia. Prima di ricevere la tua lettera ultima io avevo scritto in proposito a M.r Domenico Bruti onde agisse per ottenere la grazia, e ne attendo ancora risposta, ma se tu mi dicessi di poter agire in detto affare, io procurerei di disimpegnarmi con Bruti, e lo affiderei a te. Attendo perciò una tua risposta a pronto corso postale, onde potermi regolare. Pensa però che non vi sarà mai il mio consenso perché tu faccia l’agente. Il consiglio che io ti dò [sic] da vera amica è un solo, e parmi il più sano, purché il mio proprio interesse non mi seduca. Tu dovresti restringere gli affari tuoi, e dargli un’andamento da poter dirigere anche lontano, eppoi venire qui a convivere cogli amici tuoi, cui la tua compagnia sarebbe del piacer maggiore, e che prenderebbero di te quelle cure che la vera affezione può soltanto ispirare. Sì, caro Peppe tu dovresti venire a vivere con noi almeno fintanto che dovrai levare Ciro di Collegio; per allora potresti prendere quelle misure che crederai convenienti. Ma per ora vieni da noi, dove sarai forse esposto ad un solo dispiacere, cioè a quello di sentirci qualche volta ringraziare le tue triste [sic] circostanze poiché da quelle avremmo ricevuto il gradito dono della tua compagnia. Ecco quanto tu dovresti fare, e quanto io bramo che tu faccia.
Assicurati che nella tua lettera tu non nomini affatto il luogo della tua nuova dimora, ed io la seppi da Lazzarini, altrimenti mi sarei trovata imbarazzatissima per scriverti. — Dimmi: sai nulla delle Chichi, e delle Cerroti? Stanno bene? Addio. Pirro vuole aggiungerti, onde io lascio affinché a lui resti carta bianca. — Stà sollevato più che puoi, caro Belli, e vivi sicuro che si è anche più aumentata per te l’affezione dell’amica tua.
[sotto cancellatura]
Poche parole ho da aggiungere a ciò che ha scritto Cencia, cioè che ho sentito col più vivo dispiacere la vostra disgrazia, e che sono pronto in qualunque circostanza di farvi conoscere che avete, in tutta l’estensione del termine, un vero amico in me. Sarei ben fortunato se poteste accettare l’invito di Cencia!
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