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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Sig.ra Vincenza Perozzi, N.ta M.sa Roberti
per Morrovalle
Di Terni, Sabato 1° Ottobre 1831
Il vetturino Peppe vi avrà sufficientemente spiegato il motivo per cui vi diressi quelle poche e scucite parole nella mia di ieri mattina. Avevamo, in luogo che a Spoleto, come si doveva, pernottato a Strettura, posta intermedia e ad eguale distanza tra quella città e questa di Terni. Peppe ebbe in ciò più le sue viste che lo scopo di collocarci meglio come ci fece supporre di volere. Ma comunque si fosse la cena si mangiò non pessima, e la notte pure passò veloce, a malgrado un letto non soffice, non elegante, non odorato, ma capace per tutte le altre cose di dar riposo a viaggiatori che han sonno. A cima di giorno ripartiti per questa meta del viaggio, vi giungevamo sì presto e con sì piccolo sforzo de’ cavalli, che al vetturino rimaneva bene di mattina e di lena da poter retrocedere a Spoleto senza né distaccar pure le bestie dal legno. In questo di lui desiderio lo confermò la occasione allor’allora occorsagli di un giovanetto che già si diriggeva alla porta della città per avviarsi a cercare una cattiva cavalla che lo portasse a Spoleto. Mi condusse egli dunque a casa; e subito volle da me due linee d’accompagno alla carta che doveva portarvi e di cui lasciò a me il prezzo in totalità di S. 1:35. Ciò fatto, mi lasciò per partire a volo, anche io stimo, per preservare i cavalli da non raffreddarsi. — Dalle quali circostanze qui di sopra narratevi voi rileverete essere rimasti in mia mano tutti intieri i quindici paoli che mi avevate consegnati, e de’ quali vi darò credito nel nostro futuro conticino.
Pregate Maria, salus infirmorum, per me. La tosse continua, e già corre a metà il giorno 14° della di lei durata. Se la cosa prosegue di questo passo, addio polmoni, addio Belli. Il solo buono è che a Terni sino ad ora fa piuttosto caldetto, e le nebbie van rare.
Vi prego dire a D. Luigi Nunzi che la festività di S. Michele Arcangelo che non fece aprire moltissime delle botteghe di Fuligno, tenne chiusa ancora la libreria del Tommasini, il quale per ciò mi divenne irreperibile. E salutatemelo D. Luigi. Fate poi mille saluti e ringraziamenti da mia parte a Mamà vostra, al vostro Pirro di cui amo il cuore e il cervello (due cose per solito assai partite fra gli uomini), alla vostra Nonna Tetella, al vostro zio Checcaccio Panzanera, a Marchetti, a Lazzarini, e a Tommasini, vedendolo. Riveritemi, di grazia, quale delle signore due Tommasini fosse tuttora costì: amen.
Non terminate però la lettura di questo foglio senza aver dato due baci nelle due belle guancette di Matildina, che Dio abbia sempre nella sua santa custodia. Ricordatemi alle Cervare. La penna non voleva scrivere al principio: figuratevi adesso! E mi sa fatica il ripescare il temperino nel profondo del mare della mia cassettina. Due altre parole pure per dirvi che il mio buon lapis ha schiccherato in vettura altre 5544 sillabe romanesche. Esercitatevi nelle divisioni aritmetiche. La penna non ne vuol più. Satis dunque. Vi ringrazio pel prossimo passato, e resto pel prossimo — avvenire.
Vostro obb.mo e d.mo serv.e e amico
fa la spia dell’altra.
Spererei che quella di
così. Ma, se mai, misericordia!
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